Tito Orlandi

Multimedialità e archeologia

[da pubblicare su: Archeologia & Calcolatori, n. 10]

Dato il peculiare carattere delle discipline archeologiche, per le quali l'interazione fra immagine e testo linguistico è alla base della comunicazione scientifica dei risultati degli studi, è naturale che le possibilità offerte dai procedimenti multimediali siano state accolte con favore ed abbiano suscitato grandi aspettative da parte degli studiosi aperti alle novità, anche a quelle che appaiono a prima vista puramente tecnologiche.

Questo appare non tanto da dichiarazioni programmatiche o teoriche (la bibliografia in proposito è purtroppo molto scarsa

[sull'argomento cf. T. Higgins, P. Main, J. Lang (eds.), Imaging the Past. Electronic Imaging and Computer Graphics in Museums and Archaeology, British Museum Occasional Paper, n. 114, London 1996.]
ma dalla moltitudine di pagine multimediali esistenti, censite p.es. dalla Rassegna degli strumenti informatici per lo studio dell'antichità classica di Alessandro Cristofori (vedi la sezione Documentazione archeologica e immagini, che comprende: Guide e strumenti di orientamento; Progetti di interesse generale; Raccolte di immagini) (http://www.economia.unibo.it/dipartim/stoant/rassegna1/intro.html).

Analoghe rassegne straniere: ArchNet (http://archnet.uconn.edu/), Argos Limited Area Search of the Ancient and Medieval Internet (http://argos.evansville.edu/), ARGE Archaeological Resource Guide for Europe (olandese, per le pagine europee) (http://odur.let.rug.nl/arge/), ABZU Archaeological Site (per il Vicino Oriente) (http://www-oi.uchicago.edu/OI/DEPT/RA/ABZU/ABZU.HTML). La pagina del Ministero francese della cultura, (http://www.culture.fr/culture/int/index.html) sotto la voce Archéologie è molto vasta. Essa elenca fra l'altro: Répertoires de ressources, Bases de données, Systèmes descriptifs de sites et d'objets archéologiques, Organismes professionnels, Centres de recherche et de documentation, Laboratoires et ateliers de restauration, Services départementaux d'archéologie, etc. Le basi di dati sono esclusivamente bibliografiche, dunque non rappresentano quello che può servire per mettere in comune la documentazione, salvo che per una banca di immagini.

Per il Regno Unito registriamo la British Archaeology on the Internet (http://www.dur.ac.uk/Archaeology/BritArch/), che è del tutto differente dal repertorio francese descritto sopra; ci sono solo notizie amministrative. Per gli Stati Uniti: Archaeological Institute of America, Central Indiana Society, Archaeological Resources on the Internet (http://www.indiana.edu/~classics/AIA/internet/internet.html). Per il Canada: The Canadian Heritage Information Network (http://www.chin.gc.ca/e_main_menu.html).

In questo contesto vale la pena di citare l'iniziativa: «Archeo virtua», 1er Festival International du Multimédia pour l'Archéologie 25 & 26 mars 1999 à l'Archeodrome de Bourgogne (http://www.archeodrome-bourgogne.com), che dimostra l'interesse suscitato dall'argomento.

La rivista A&C ha saputo, nel decennio della sua esistenza, costituire un punto di riferimento per tutti i problemi riguardanti le applicazioni informatiche, seguendo l'evoluzione delle tecniche e dei metodi, molto rapida in questo periodo più che nei precedenti. In particolare, per l'argomento che trattiamo, è da segnalare un importante articolo della Guermandi

[cf. M.P. Guermandi, Presi nella rete: i siti archeologici in Internet A&C 8 (1997) 151-169.]
che dovrà essere tenuto presente nel leggere il nostro contributo. Quello che intendiamo aggiungere riguarda, come si vedrà, soprattutto alcuni aspetti della metodologia generale.

Un momento essenziale nella vita della rivista è stato certamente costituito dall'ospitalità data agli atti del Congresso del 1995, che si è rivelato un avvenimento centrale di riflessione. Per questo è possibile partire da un contributo allora fornito dalla grande specialista di basi di dati, Anne-Marie Guimier-Sorbets,

[A.-M. Guimier-Sorbets, Le traitement de l'information en Archéologie: archivage, publication et diffusion A&C 7 (1996) p. 985-996]
per cercare di esplorare la situazione attuale, e proporre qualche modifica all'orizzonte teorico.

Ciò che raccomanda il contributo della Guimier-Sorbets è la sua competenza specifica, di archeologo e di esperto di informatica applicata; onde tanto più è importante la sua attenzione alla teoria, da molti trascurata in quanto non essenziale al lavoro dell'archeologo. Quanto poi al fatto che alle discussioni teoriche possa contribuire un non archeologo come me, che lavora nel campo generale dell'informatica umanistica, fatto che può suscitare qualche perplessità, occorre ribadire quando già detto altrove

[Sulla codifica delle fonti archeologiche, A&C 4 (1993) 27-38: « La breve storia dell'informatica umanistica è costruita in larga parte di scambi e rapporti fra studiosi e tecnici di specializzazioni anche molto lontane, che devono capire i reciproci fondamenti. Un filologo non sarà più lontano dall'archeologia di un matematico o di uno statistico o di un ingegnere elettronico; e, se ha riflettuto sulle caratteristiche generali dell'informatica, può avere qualche buona idea anche su discipline di non diretta competenza.»]
che i motivi sono molti, non ultimo quello che egli comprende un certo numero di problemi certo meglio di quanto non possa un informatico specifico.

Questi sono i punti per noi significativi del contributo della Guimier-Sorbets:

1) «Comme toute science, l'Archéologie est traitement d'information». È questo il punto di vista che colloca nel modo più corretto i rapporti fra archeologia ed informatica, e dunque multimedialità; tanto più in quanto vengono di conseguenza identificati tre stadi nel trattamento archeologico dell'informazione: elaborazione della documentazione; interpretazione; diffusione dei risultati (integrazione nelle nostre conoscenze).

2) Il terzo stadio comprende l'archiviazione e la pubblicazione dei risultati; essa deve essere tale che i risultati diventino cumulativi, cioè si possano integrare in quelli precedenti: «En effet, et c'est là une particularité de notre discipline: il ne s'agit pas d'une science expérimentale ― dans laquelle, on le sait, il suffit d'indiquer les conditions de l'expérience pour qu'un chercheur puisse la renouveler ― mais bien une discipline dite d'«érudition», dans laquelle les données doivent être cumulatives puisqu'on ne recommence jamais deux fois la même fouille (chaque fouille entraîne la destruction de certaines informations) et que chaque chantier apporte des informations originales.» Questo è il punto teorico centrale, quello cioè di inserire nel nuovo ambiente, che l'informatica sta creando, l'esigenza di dialettica fra gli studiosi, che nell'ambiente tradizionale era confinata al dialogo a distanza mediante le pubblicazioni a stampa.

3) Ne consegue che l'archiviazione deve essere compatibile, in particolare attraverso l'identificazione di tipologie che facilitino la descrizione della documentazione. «Une des bases de notre travail de recherche est l'établissement de typologies, que ce soit d'objets ou de structures. Si, on le sait depuis longtemps maintenant, seul l'objet comme la structure est porteur de la totalité des informations, leurs représentations n'en étant qu'un appauvrissement, il n'en est pas moins vrai que, pour des raisons bien connues elles aussi, nous travaillons tous sur des représentations de ces objets et structures: descriptions textuelles, chiffrées, graphiques, photographiques etc., ces différents types de représentations apportant des informations complémentaires.» Occorre dare accesso non solo all'interpretazione ma anche ai dati. Questa è la conseguenza principale del principio riconosciuto al n. 2; essa richiama l'esigenza della trasparenza nel trattamento dei dati (dichiarazione dei principi e dei metodi; disponibilità dei dati) e di una soglia di omologazione nell'archiviazione, cioè dell'esistenza di standard riconosciuti, su cui torneremo più oltre.

4) Scambio di idee e informazioni fra gli studiosi durante il lavoro: «on ne saurait passer sous silence la communication entre chercheurs, communication interpersonnelle, à l'intérieur de groupes ou de personne à personne. Rien de tout cela n'est vraiment nouveau, mais je le rappelle pour éclairer les besoins d'information que nous devons pouvoir satisfaire.» Questo è uno sviluppo importante per il futuro, ma che per il momento resta confinato all'utilizzazione corretta della posta elettronica e dei «bulletin board», cosa che ancora stenta ad affermarsi.

All'ottimo quadro delineato dalla Guimier-Sorbets vorremmo aggiungere soltanto una maggiore attenzione ad una esigenza posta da Gardin (che peraltro è ampiamente tenuto presente e citato)

[Jean-Claude GARDIN et all., Systèmes-experts et Sciences humaines, le cas de l'archéologie, Paris, 1987; Id., Archaeological Constructs. An Aspect of Theoretical Archaeology, Cambridge-Paris, 1980; Id., Le calcul et la raison. Essais sur la formalisation du discours savant, Paris, 1991.]
relativa ad una certa determinazione del linguaggio scientifico dell'archeologia, che non si limita alla descrizione degli oggetti, ma giunge all'espressione delle interpretazioni. Questi due aspetti del linguaggio scientifico sono anche alla base della specifica tesi del Gardin relativa alla «spirale», per cui (in sintesi) descrizione e interpretazione sono momenti continuamente ricorrenti del lavoro archeologico. Nella trattazione della Guimier-Sorbets l'interattività non è presa troppo sul serio: si punta sulla documentazione, ma non sulle regole di inferenza, dunque sulla codifica e non sul modello. La spirale conduce al modello, come rappresentazione dinamica di una realtà complessa nelle sue procedure, e l'esigenza del modello conduce al modo corretto di intendere la multimedialità, come procedimento dinamico contrapposto ad un modo statico di archiviare e interrogare la documentazione. Noteremo anche come le teorie del Gardin, così poco utilizzate nel lavoro quotidiano fino a tempi recenti, divengano indispensabili proprio quando diventano complessi i problemi di informatizzazione.

Invece la multimedialità viene spesso ridotta alla riproposizione in ambiente informatico di procedimenti tipici del modo tradizionale di agire nella ricerca archeologica. In particolare l'attenzione si dirige soprattutto (a) alla rappresentazione grafica ad illustrazione di ragionamenti archeologici; (b) alle opportunità didascaliche (più che didattiche) offerte dalle nuove tecnologie. Questo deriva dalla scarsa consapevolezza della reale consistenza dell'ambiente multimediale elettronico. Si deve tener presente che in esso il ruolo essenziale è giocato dall'informatica, che si può considerare il catalizzatore dei precedenti procedimenti multimediali, che ha portato ad una integrazione dei diversi strumenti comunicativi caratterizzata dall'istantaneità.

L'informatica in questo settore deve essere considerata non solo per le sue caratteristiche «ovvie» di sistema di memoria, output, e comunicazione, ma soprattutto di gestione interattiva degli strumenti comunicativi, che rappresenta un fattore del tutto nuovo nelle procedure scientifiche. Si può dire che l'output informatico non è diverso in modo essenziale da quelli prodotti dai mezzi di comunicazione tradizionali, libro cinema televisione dischi, ma molto diverso è il modo di produrlo, soprattutto per tre caratteristiche: un sistema di comando della produzione che consiste in un linguaggio, sia pure formalizzato; la conseguente possibilità di integrare i diversi output in «real time» (istantaneamente); e la possibilità di gestione di quel linguaggio anche da parte del fruitore, cosa che determina una certa li\%ber\%tà nei confronti del produttore (gli autori). L'in\%for\%ma\%ti\%ca come tecnologia (e includeremo in questo anche la telematica) non basta a render conto dei risultati impressionanti a cui il complesso della multimedialità ci pone di fronte, e ancor piú delle aspettative che essa solleva.

È invece prevalente la tendenza a vedere la multimedialità come mezzo per attirare l'attenzione di non specialisti, tramite una accentuata spettacolarizzazione. Questo è senza dubbio molto importante e anche sensato in alcuni casi, ma lascia in ombra altri lati più importanti della multimedialità. Soprattutto nella multimedialità si deve comprendere la trasmissione interattiva dei dati, essenziale per uno scambio dei dati fra studiosi, come giustamente sottolineato dalla Guimier -- importanti in questo senso la dinamicità dei prodotti informatici e l'interagibilità su di essi

La questione multimediale assume un significato preciso solo in relazione alle discussioni teoriche sull'archeologia, anche perché occorre trovare un punto d'incontro fra le esigenze dell'archeologia (dunque approfondire l'archeologia teorica) e i metodi dell'informatica, che hanno una loro specificità che solo in parte si adatta alle discipline oggetto di applicazione. Il nostro è dunque un invito alla riflessione metodologica, e per questo è importante un recente contributo di C. Renfrew,

[Towards a Cognitive Archaeology, in: C. Renfrew & E.B.Z. Zubrow, The Ancient Mind, Cambridge Univ. Press, 1994, p. 3-12.]
soprattutto perché le recenti storie dell'informatica
[Bruce G. Trigger, A History of archaeological thought, Cambridge University Press, 1989; Jaroslav Malina, Zdenek Vašmček, Archaeology yesterday and today. The development of archaeology in the sciences and humanities, Cambridge University Press, 1990.]
non sembrano dare un sufficiente spazio ai problemi dell'informatizzazione. I punti del contributo di Renfrew importanti per il nostro tema sono:

(1) Rapporto fra l'archeologia cognitiva (cioè il riconoscere che il fine ultimo dell'archeologia è l'interpretazione sì degli oggetti, dei manufatti, ma in vista dell'interpretazione delle cultura (cognizione) di chi li ha prodotti) e quella che chiamerei la cognizione dell'archeologia, cioè il riconoscimento dei procedimenti mentali (in parte logici, in parte intuitivi) con cui si raggiunge quello scopo. In realtà sembra che la distinzione fra questi due elementi del rapporto non sia sempre chiara in Renfrew, che tende a confondere il metodo con i suoi risultati.

(2) Critica della New archaeology, ovvero archeologia processuale, che tende a schiacciare la teoria archeologica sui risultati dell'archeologia nei riguardi delle culture che essa studia. D'altra parte, critica della Archeologia strutturalista, quella che propugna il ritorno all'ermeneutica, e si definisce post-processuale (Renfrew preferisce la denominazione anti-processuale). In realtà, nota Renfrew, l'archeologia processuale si era già spostata su un terreno ermeneutico, di problemi simbolici e cognitivi. I post-processuali in realtà invocano il ritorno a metodi di tipo idealistico.

(3) Bene dunque il problema della fusione dei due metodi, per quanto riguarda i procedimenti informatici, nella comune necessità di trovare quali elementi possono essere informatizzati e quali no. Noteremo come si deve riflettere a questo proposito circa il dilemma della necessità o della pura facoltatività delle applicazioni informatiche. Da un punto di vista metodologico, si potrebbe continuare a proporre un'archeologia lontana dalle applicazioni informatiche; ma poiché la multimedialità è destinata a sostituire i mezzi di informazione anche in archeologia, e come si è detto essa presuppone e impone procedimenti informatici, tanto vale entrare al più presto in modo consapevole nel nuovo ambiente.

(4) Renfrew auspica la risoluzione del conflitto fra natura e storia, cioè l'integrazione di metodi propri delle discipline scientifiche con quelle storicistiche. Per evitare discussioni astratte a questo proposito, afferma giustmente che occorre considerare il lavoro specifico degli archeologi per trarne indicazioni metodologiche

[cf. quanto dicevo nella mia prefazione a Discipline umanistiche e informatica. Il problema della formalizzazione, a cura di Tito Orlandi, Roma, 1997: «il lavoro dell'informatico umanista consiste nel rintracciare gli elementi formali dei metodi di ciascuna disciplina per quello che si sono venuti formulando già da prima che esistessero le macchine. (...) L'idea guida dell'organizzazione è stata quella di porre questa domanda non tanto agli informatici, o a chi si intenda piú specificamente di metodologie dal punto di vista filosofico, ma a chi davvero abbia lavorato nelle discipline umanistiche, si sia reso conto di quel genere di problemi, conosca la loro storia e possa riferire su esperienze di formalizzazione precedenti l'affermarsi delle applicazioni informatiche.»]

(5) Centralità della semiotica nell'archeologia cognitiva. Il riconoscimento dei dati archeologici come segni che rimandano a significati culturali o pragmatici è essenziale per la prospettiva informatica, dal momento che i computer sono appunto dei manipolatori di simboli. Un punto da chiarire è tuttavia quello del riconoscimento di due livelli semiotici: da un lato la volontà degli antichi di significare qualcosa coi loro artefatti; dall'altro la possibilità che artefatti puramente a scopo pratico, vitale, da parte degli antichi, sia per noi un segno della mentalità degli antichi.

(6) Le dottrine di Popper e la questione della possibilità di prova scientifica. A nostro avviso, nelle discipline umanistiche, tipicamente a carattere storico, non si tratta di testare, ma di proporre modelli che possano funzionare. Nella relazione fra il modello e la sua disponibilità in rete per gli altri studiosi sta la funzione della multimedialità.

Si vede dunque come negli studiosi più avvertiti la riflessione sulla metodologia archeologica venga in certo modo incanalata verso i problemi non tanto e non solo delle applicazioni informatiche, ma dell'impatto che le procedure informatiche stanno producendo, e tanto più produrranno, sulla metodologia archeologica. È sicuro che la multimedialità (intesa correttamente nel senso illustrato sopra) è destinata a giocare un ruolo decisivo in questo senso; occorre tuttavia ammettere che i prodotti attualmente disponibili sono nel complesso deludenti. Premesso che trascuriamo in questa sede i prodotti su CD Rom, che escludono l'interattività che abbiamo riconosciuto come elemento essenziale della multimedialità, e del resto sono per lo più prodotti commerciali privi di un vero valoro scientifico; per quanto riguarda i prodotti in rete si deve tener conto del fatto che ovviamente i primi tentativi non possono soddisfare le difficili, ma in futuro necessarie, esigenze che abbiamo enucleato nel discorso teorico.

Prendiamo in esame gli esempi che appaiono più significativi.

The Corinth Computer Project (http://ccat.sas.upenn.edu/~dromano/corinth.html). Il progetto nasce già con l'idea di utilizzare gli strumenti informatici: «Since 1988 a research team from the Mediterranean Section of The University of Pennsylvania Museum of Anthropology and Archaeology has been involved in making a computerized architectural and topographical survey of the Roman colony of Corinth.» Questo ha reso naturale il passaggio alla multimedialità per diffondere notizie sui risultati scientifici. La pagina web comprende una rapida presentazione del progetto, da cui si accede ad un Historical Background accompagnato da una carta geografica elementare, alla mappa commentata della città, ad una esposizione delle metodologie usate, ad una delle fotografie aeree con ampio commento, a due delle mappe particolareggiate, a una descrizione estesa del paesaggio, accompagnata da numerose fotografie. Particolarmente importante riteniamo la dichiarazione delle metodologie, perché c'è qui in nuce il cammino da seguire, che dovrebbe essere quello di renderle in qualche modo viventi nelle strutture multimediali. L'impressione generale è che la strada sia quella giusta, e che occorra un po' di coraggio per proseguire, aumentando esponenzialmente l'informazione resa disponibile in rete.

Combined Caesarea Expeditions: (http://digcaesarea.org/) «an amphibious research project that joins excavation of the terrestrial remains of Caesarea Maritima with underwater investigation of the site's ancient harbor.» Ci sono i rapporti di scavo, dettagliati e con molte fotografie, una raccolta di saggi relativi ai problemi dello scavo e dell'interpretazione storica, dei manuali di procedure di scavo a terra e in acqua, analisi stratigrafiche.

Cambridge, (a) Egyptology Resources (http://www.newton.cam.ac.uk/egypt/). «This page is set up with the kind assistance of the Newton Institute in the University of Cambridge to provide a World Wide Web resource for Egyptological information. This site welcomes material from those without access to a WWW server on which they can mount their material.» È un po' a mezzo fra il repertorio di siti e un sito con informazione diciamo così diretta; così come è a mezzo fra il sito di divulgazione popolare e quello di informazione scientifico-accademica. Molto interessante è l'idea di raccogliere materiale dall'esterno, di ogni genere. La Beinlich List è un primo piccolo esempio di materiale documentario messo in linea. C'è l'impressione che il sito sia trascurato in tempi recenti (post metà '98).

Cambridge, (b) La tomba di Senneferi (http://www.newton.cam.ac.uk/egypt/tt99/index.html) riporta i rapporti di scavo, molto dettagliati, e notizie dettagliate sui reperti. È un sito molto importante per il discorso metodologico che stiamo facendo, perché offre una grande quantità di dati sia sotto forma di testo che di fotografie e filmati.

Cambridge, (c) Department of Archaeology ha una pagina (http://www.arch.cam.ac.uk/DEPT/Research/Index.html) contenente una descrizione degli scavi che vengono condotti. Talora è molto succinta, ma cf. pagine estese e dettagliate come quella di Çatalhöyük, Turkey.

Nella pagina web del Ministero francese della cultura (http://www.culture.fr/culture/int/index.html), la sezione «Grands sites archéologiques, Collection de parcours interactifs sur les sites archéologiques d'intérêt national et international, des itinéraires thématiques... de la Préhistoire au Moyen Age» comprende parecchio materiale interessante, fra cui spicca la «Vienne antique» (http://www.culture.fr/culture/arcnat/vienne/fr/index.html) che contiene una descrizione molto ampia e particolareggiata degli scavi, sotto forma di museo immaginario, visita virtuale, etc. Il taglio è tuttavia prevalentemente didascalico, ed è piuttosto una illustrazione di come si fa uno scavo che una fonte di dati sui reperti.

Ancora dalla medesima pagina si accede alla «Découverte exceptionnelle de deux tombes gallo-romaines à Naintré (Vienne), molto importante. «La fouille de deux tombes datant du Bas Empire romain, entreprise depuis janvier dernier à Naintré (Vienne), a permis la mise au jour de sacophages en plomb, contenant les squelettes d'une jeune fille et d'une femme ainsi que d'un riche mobilier et de vêtements. L'état de conservation exceptionnel des vestiges, et la qualité des objets découverts, devraient permettre aux spécialistes d'acquérir des renseignements très précis sur les défunts, leur mode de vie et les rites funéraires de l'époque. La découverte Les caveaux Les sarcophages Dépôts funéraires et vêtements Les tombes riches de la fin de l'Antiquité À propos du Bas Empire romain Conservation préventive, fouille des sarcophages et étude.»

La Grotte Chauvet (http://www.culture.fr/culture/arcnat/chauvet/fr/gvpda-d.htm) è soprattutto un repertorio di fotografie (come la Grotte de Lascaux, http://www.culture.fr/culture/arcnat/lascaux/fr/index.html) ma vi si trova: La lettre de la grotte (3 numéros par an) : état des recherches scientifiques et des études liées à l'équipement de la grotte, découvertes les plus significatives. Ambedue sono comunque siti ricchissimi.

L'archéologie sous les mers (http://www.culture.fr/culture/archeosm/archeosm.htm) ha link con i vari siti di archeologia marina, molto articolato. Si possono scegliere siti del Mediterraneo etc. Citeremo come esempio «L'épave de la Madrague de Giens, qui faisait commerce de vin et de vaisselle» (http://www.culture.fr/culture/archeosm/madra-s.htm): descrizione con fotografie.

Inventaire archéologique du département de Lot-et-Garonne (http://www.cg47.fr/): presentazione di oggetti archeologici, con descrizione molto dettagliata. Qualcosa del genere è stato fatto per il Museo Civico Archeologico di Bologna (http://www.comune.bologna.it/bologna/Musei/Archeologico/), che è fra i pochi siti menzionabili italiani.

L'École française d'Athènes dedica una pagina web a molti dei siti di scavo, con notizie storiche sul sito e sugli scavi, e l'indicazione delle pubblicazioni relative. Vi sono illustrazioni interessanti, ma non a livello scientifico. L'École possède un fonds d'archives manuscrites. Les carnets de fouilles et rapports scientifiques intéressent tous les chantiers conduits par l'EFA depuis sa création en 1846 (Grèce, Asie mineure, Balkans, Chypre). L'inventaire des pièces relatives à Délos, Delphes, Thasos et à la Béotie est accessible en ligne via le catalogue de la bibliothèque. Questo archivio si avvicina al concetto di condivisione di risorse, ma occorrerebbe un accesso più diretto ai documenti, ed una maggiore trasparenza nella descrizione della struttura dell'archivio stesso.

L'École française de Rome (http://www.ecole-francaise.it/archeologie.htm) Chantiers de fouilles, Antiquité: ci sono solo descrizioni essenziali degli scavi. Nessuna documentazione. Quella del Cairo ha anch'essa l'elenco dei siti degli scavi con notizie essenziali sugli scavi. Molto ristretto come http://www.cg47.fr/, ma fonte di notizie archeologiche approfondite.

Perseus (http://www.perseus.tufts.edu/art&arch.html) «contains a massive library of art objects, sites, and buildings. Each has a description of the object and its context, as well as images. This web site currently publishes over 30,000 pictures! The catalogs now document 523 coins, 1548 vases, 928 sculptures, 179 sites and 381 buildings. Descriptions and images have been produced in collaboration with many museums, institutions and scholars. Catalog information and keywords have been taken from standard sources, which are cited in the entries for each object.»

Egypt Exploration Society: elenco degli scavi in Egitto, di qualsiasi nazione, con notizie essenziali sugli ultimi eventi (http://www.ees.ac.uk/). È un buon esempio di centro per la collaborazione fra studiosi.

University of Birmingham, Field Archaeology Unit (BUFAU). iniziata nel 1976, «undertakes archaeological research and training throughout Britain and abroad. It forms an integral part of the Department of Ancient History and Archaeology within the School of Antiquity. On behalf of English Heritage, national and local government, and the private sector, the Unit's professional staff provide a wide-ranging archaeological service, drawing on the academic expertise and technical facilities of one of Britain's leading universities. The primary purpose of the Unit is to undertake and promote research and teaching in archaeology (...) The BUFAU WWW site is divided into two mirrored versions. Readers can choose to view the standard web pages which can be viewed from most browsers and machines. Alternatively, the viewer can visit the BUFAU virtual unit.» (http://www.bufau.bham.ac.uk/) Questo è un caso esemplare di uso della multimedialità come quello auspicato dalla mia teoria. Descrizione dei metodi, elenco completo degli oggetti, etc.

Archaeology at Edinburgh Research Work in progress ci sono buone descrizione degli scavi, abbastanza dettagliate (http://super3.arcl.ed.ac.uk/arch/workprogress.html)

Department of Archaeology University of Newcastle (http://www.ncl.ac.uk/~narchae/index.htm). The Alacami Excavation, survey and three-dimensional reconstruction of a late Roman basilica in Cilicia (Southern Turkey) Soprattutto materiale iconografico, ma molto ampio.

Oxford: The Institute of Archaeology is the focus of archaeological teaching and research at the University of Oxford. On these pages you can find details of the staff at the Institute, their research interests, current fieldwork and excavation projects, archives held at the Institute, and information on graduates and their research. (http://info.ox.ac.uk/~archinfo/inst.htm). Un ottimo esempio è il The Sangro Valley Project, condotto in collaborazione con altre istituzioni, per il quale viene fornito un Interim report (l'ultimo, per la stagione 1998) molto ampio, e l'elenco dei reperti, etc.

Abzu Regional index Mesopotamia, testi, (http://www-oi.uchicago.edu/OI/DEPT/RA/ABZU/ABZU_REGINDX_MESO.HTML#6) è un buon esempio del criterio di mettere a disposizione la documentazione, anche se per il momento è troppo scarno. I testi sono conservati in molti siti diversi, fra i quali si distingue il Center for Computer Analysis of Texts (CCAT) dell'Università della Pensylvania (gopher://ccat.sas.upenn.edu:3333/11/).

Il principale centro americano è lo Archaeological Institute of America, Central Indiana Society, che mantiene un sito delle «Archaeological Resources on the Internet» (http://www.indiana.edu/~classics/AIA/internet/internet.html). Esso elenca, fra gli altri, il progetto relativo al Palace of Diocletian at Split (A Unique Structure from the Later Roman Empire by Michael Greenhalgh). Molto ricco iconograficamente, e illustra molto ampiamente l'edificio. C'è anche un rapporto sulla metodologia iconografica utilizzata. Altrettanto interessante è il Pompeii Forum Project (http://jefferson.village.virginia.edu:80/pompeii/page-1.html) iconograficamente molto completo e dettagliato.

Come si vede, lo sfruttamento delle opportunità offerte dall'ambiente multimediale è stato concepito in modo assai vario, a seconda delle possibilità delle varie iniziative, e degli obiettivi che esse intendono perseguire. Potremmo dire che molto varia è stata l'interpretazione data alla stessa multimedialità come strumento di comunicazione. Qualche volta è stata data la preminenza alla presentazione delle immagini, qualche altra alla tempestività della comunicazione; in alcuni casi si comincia ad intravvedere l'intenzione di ottenere con la multimedialità tutto quanto si otteneva con le pubblicazioni scientifiche dello scavo o di un monumento.

Secondo il nostro punto di vista, se negli esempi che abbiamo brevemente illustrato è stata capita l'importanza di mettere a disposizione il materiale, manca la consapevolezza del delicato confine fra farlo vedere sullo schermo e rendere disponibile una struttura standardizzata della sua descrizione. Da un lato c'è una nuova forma di pubblicazione; dall'altro un nuovo modo di intendere la dialettica fra gli studiosi. Quest'ultimo richiede una certa conoscenza informatica da parte degli utilizzatori, e d'altra parte una strutturazione dei dati secondo i principi delle basi di dati relazionali, e in altri casi della codifica «marcata» dei testi, che renda possibile il formarsi di un ambiente nel quale poter raggruppare dati di fonte diversa secondo criteri eventualmente non previsti inizialmente da chi li ha resi disponibili.

Due argomenti meritano un approfondimento. Il primo riguarda l'omologazione nella descrizione degli oggetti, essenziale per ottenere un ambiente globale multimediale che consenta una collaborazione ed una dialettica molto spinte, fra gli studiosi. È noto come questo campo fu visto immediatamente dal Gardin, ancora agli inizi dell'applicazione dell'informatica in archeologia; e sia poi stato da lui identificato con lo studio di linguaggi specializzati, fortemente formalizzati, che evitassero per quanto possibile equivoci e fraintendimenti. Nella prassi, questo indirizzo è stato perseguito proponendo dei dizionari di nomenclatura, che dovrebbero essere usati al posto del linguaggio naturale.

L'esperienza in certo senso analoga nel campo del trattamento dei dati linguistici, con le proposte dei linguaggi di «markup», dimostra a mio avviso che questo tipo di proposte difficilmente funziona in concreto, perché il mondo reale con cui lo studioso si confronta dimostra quasi sempre la vanità di determinare a priori la sua descrizione. È invece opportuno fermarsi a regole puramente formali, e non sostanziali, che governino il modo con cui le descrizioni vengano condotte, e rendano possibile dichiarare inizialmente le strutture descrittive, e riconoscerle poi nella loro attuazione. Sarà poi parte del lavoro stesso degli studiosi successivi costituire degli elenchi di terminologia usata in determinati contesti, confrontarla con le immagini (che ovviamente formano l'altro aspetto dell'ambiente multimediale), e proporre integrazioni e confronti con altra documentazione, ed eventualmente correzioni nella stessa descrizione «originale».

L'altro argomento da approfondire riguarda la dichiarazione dei metodi interpretativi. In ambiente informatico si tratta (ed anche qui il Gardin ha da tempo tracciato la strada) di proporre esplicitamente le regole di inferenza per cui da alcuni fenomeni, diciamo così, empirici (nel senso di immediatamente verificabili negli oggetti) si deducono logicamente spiegazioni di vario tipo. Anche qui, lasciando la massima libertà nel formulare le regole di inferenza, si deve però cercare di giungere ad un accordo generale su come esprimerle. Un esempio può essere fornito dal modo con cui in informatica si comunicano gli algoritmi, o anche ovviamente gli alfabeti simbolici utilizzati nella logica formale.

Aggiungeremo che sotto questo aspetto riteniamo non corretta la contrapposizione fra metodi inferenziali e metodi statistici. Infatti, data per scontata la necessità in archeologia (come in altre discipline), di ricorrere a calcoli statistici, il significato storico e culturale che si dà ai risultati di tali calcoli deve pur sempre essere ottenuto mediante procedimenti inferenziali. L'importante è che tali procedimenti non siano lasciati impliciti, ma vengano dichiarati esplicitamente.

Le due cose messe insieme formano la base per i modelli il rapporto fra dati e algoritmi di gestione, onde non più basi di dati etc., ma modelli.

Una delle conseguenze dell'uso esteso della multimedialità sarà quella di aiutare a distinguere fra la parte descrittiva dell'archeologia e la parte che utilizza ragionamenti di inferenza o di intuizione per trarre conseguenze di tipo culturale dalla documentazione. È dunque importante la dichiarazione precisa della strutturazione dei dati; ma anche degli algoritmi che da tale strutturazione hanno portato alla loro interpretazione. Soltanto in questo modo si potrà ottenere in ambiente multimediale quel continuo processo a spirale che Gardin ha mostrato essere essenziale in archeologia. Beninteso, la validità di un tale processo non si limita all'archeologia, ma questo non riguarda il tema di questo contributo.

Alcune osservazioni prima di concludere riguardano due punti collaterali, ma non privi di importanza. Il primo è la stabilità dei siti: sarebbe opportuno che qualche istituzione ufficiale, nazionale o internazionale, si prendesse cura di garantire verso gli utenti gli indirizzi di iniziative che a loro volta si impegnassero con quella istituzione a mantenere la stabilità e dare notizia tempestiva dei cambiamenti.

Il secondo riguarda l'opportunità di teorizzare una distinzione fra musei e enti di ricerca (Università o Dipartimenti o Comitati di ricerca etc.) per rendere più naturale quello che ci si possa attendere dai due tipi di sito.

Un'ultima considerazione è da fare circa le reali possibilità che in futuro si formi un ambiente informatico di condivisione di risorse all'interno del quale si inquadrino in modo naturale i nuovi contributi. I risultati oggi ottenuti in questo senso, per quanto ammirevoli siano i casi singoli, rappresentano quantitativamente una frazione minima di quello che sarebbe necessario per innescare il circolo virtuoso fra dati disponibili e dati che vengono introdotti.

Le strade per arrivare al risultato auspicabile possono essere due: o quella di un piccolo numero di grandi centri (poniamo, a base nazionale) che dovrebbero preoccuparsi di portare in ambiente elettronico i dati attualmente disponibili nella bibliografia; oppure quella della collaborazione spontanea della miriade di iniziative accademiche individuali. Senza allungare troppo il discorso, mi sembra che la strada in cui avere fiducia sia la seconda, che corrisponde a quanto è avvenuto finora nel vero « miracolo Internet». Essa però richiede un minimo livello di standard che formi l'ambiente comune all'interno del quale operino le singole iniziative.